FISAC-CGIL MESSINA SU UNICREDIT E SETTORE BANCARIO: GRAVI CARENZE, NO A POLITICHE AZIENDALI DI TAGLI
LA SEGRETARIA GENERALE FISAC-CGIL MESSINA MARCELLA MAGISTRO SULLA SITUAZIONE DI UNICREDIT E DEL SETTORE BANCARIO NEL TERRITORIO
In questo mondo, dove un eccesso di informatizzazione porta a modelli di società e di lavori dove la tecnologia sostituisce la lavoratrice e il lavoratore, capita che le aziende compiano azioni finalizzate allo snellimento delle risorse umane, che in un contesto di sportello e di relazioni con la clientela, si traducono in una disumanizzazione, in un’arida schematizzazione di offerte, e in una effettiva perdita di occupazione. Nel settore del credito, una tecnologia esasperata, prorompente e non semplicemente a strumento della fluidità delle procedure, diventa una metodologia sterile di lavoro che, utilizzata strumentalmente per interessi commerciali, in realtà altera il rapporto di fiducia tra il cliente e le banche e inoltre può spingere le aziende a chiudere agenzie, linee di lavoro e a proporre esodi, per diminuire il numero degli occupati.
C’è spesso come un dialogo virtuale delle imprese che spersonalizza il mondo del lavoro e non crea quei luoghi accoglienti per le lavoratrici, i lavoratori e per le persone (clienti) che utilizzano i servizi. Il divario tra il Nord e il SUD aumenta, qui le banche continuano ad essere frequentate da clienti che chiedono un rapporto umano e di fiducia con l’impiegata/o della banca, e non soltanto una fredda procedura virtuale che allontana dalla relazione interpersonale, che è la modalità più importante per portare sicurezza e fidelizzazione
Esiste anche una differenza tra le Banche del Sud e le banche del Nord, in termini di desertificazione dei territori, in Sicilia molte aree sono rimaste prive di Agenzie e di servizi, o con sportelli costretti ad aprire con un numero sempre più esiguo di operatori ( in una banca ancora al Sud molto frequentata dall’utenza) che supportando da soli tutto il carico di lavoro, iniziano a trovarsi in una situazione di stress e di rischio per la salute e per il margine degli errori possibili in una tipologia di lavoro che richiede precisione e massima attenzione.
Tra l’altro, questo depauperamento dei territori di Banche e di servizi, crea al contesto sociale una mancanza di sostegno per le famiglie e per le aziende, che si traduce in una depressione economica e occupazionale.
L’attenzione ai bisogni, in un mondo ipercompetitivo, e di precarizzazione del lavoro, può diventare la soluzione, e dove sembra essere vietata la solidarietà con le persone e gli utenti, solo una forza collettiva che esprima le proprie rivendicazioni, come il sindacato, può, in una fase politica dove al centro spesso non è l’uomo, e le sue esigenze, ma il capitale finanziario, tutelare le persone e sembrerà strano anche salvaguardare le imprese.
E’ un attacco al lavoro, alle lavoratrici, ai lavoratori e all’utenza. Un esempio di attacco, tra i tanti del settore del credito oggi, può essere rappresentato dal nuovo prossimo piano industriale di Unicredit 2020-2023 che prevederebbe una riduzione dell’organico di circa 10.000 unità, da realizzarsi prevalentemente nell’ambito delle sedi italiane. Per questo a Messina in un’Assemblea di tutte le lavoratrici e i lavoratori Unicredit, con le 00.SS. FABI , FISAC CGIL, FIRST CISL E UNISIN, che hanno ascoltato le criticità e i bisogni, si è arrivati al punto di aprire una vertenza locale chiedendo all’Azienda una modalità di lavoro più umana e di conseguenza un aumento di organico, per organizzare il lavoro a beneficio di tutte/i gli operatori, ma anche dell’Azienda stessa e della clientela , in controtendenza con una politica aziendale che dichiara esuberi e prevede riduzione del personale.
A Messina, si è iniziato un percorso di mobilitazione, ma la conciliazione non è andata a buon fine, perciò si è proclamato uno sciopero insieme alle 00.SS presenti all’assemblea, per l’intera giornata del 29 luglio e nella stessa mattinata un sit-in dalle 10 alle 12, per condividere con la città questa esigenza di applicazione di diritti per un buon lavoro e un buon servizio. Gli sforzi per un buon risultato non possono ricadere solo sui lavoratori, ma deve essere un’azione positiva collettiva che deve comprendere anche l’azienda e chi l’organizza (che dovrebbe, se in buona fede, vedere in questa mobilitazione una azione concreta e corale per il bene di tutte/i).
In questa società capitalistica dove la quantità numerica del lavoro svolto diventa un valore spesso a scapito della qualità, e dove la velocità del virtuale si sostituisce spesso al tempo dedicato e da dedicare (peculiarità della vita reale) si può perdere il senso della buona gestione del lavoro, e questo il sindacato tutto e la FISAC CGIL lo sanno bene, perché fanno dell’ascolto la principale modalità per condurre azioni di rivendicazione sociale sui diritti.